Michele La Masa: due testi di Guillermo Giampietro

Guillermo Giampietro, artista di origine argentina, trapiantato a Trieste, è da anni il maestro di pittura di Michele La Masa. In occasione del progetto Michele La Masa, opere sospese in mostra al Padiglione M nel Parco di San Giovanni e al Cavò in Cavana a Trieste (13-30 aprile 2022), pubblichiamo due testi di Giampietro sui lavori di La Masa scritti nel 2007 e nel 2011.

Lo specchio di Frankenstein

Parlare delle opere di Michele La Masa non è un compito facile.

I suoi quadri non si presentano come il risultato di virtuosismi pittorici o di una spontaneità immaginifica, bensì come una complessa trama di diagrammi che sembrano conformare una mappa concettuale, lo specchio di un pensiero multiplo ed inafferrabile in continuo deferimento.

La Masa ha voluto chiamare l’esposizione Lo specchio di Frankenstein.

Nell’apparente bizzarria di questa metafora ci fornisce una chiave di lettura di rara bellezza sull’atto di vedere e ricreare un’opera d’arte.

Come ben sappiamo, il “mostro di Frankenstein” è un corpo fatto di tanti corpi, un pensiero fatto di tanti pensieri, un insieme confuso e inadeguato alle forme della normalità; normalità del ben vedere, normalità dell’ordine naturale, normalità della bellezza sancita dal consenso sociale, normalità delle regole del potere.

Il quadro è il suo specchio perché è il risultato sempre attualizzato delle innumerevoli letture dei soggetti che l’attraversano. Non è lui, non sono io, non è lei: il quadro “è” il puro contatto intersoggettivo. L’incontro tra “tanti” crea l’opera, lo specchio di Frankenstein.

Dunque, Michele ci consegna una mappa enigmatica con la quale ci invita ad essere parte di quel riflesso nell’istantaneità dello sguardo.

Seguendo il suo percorso ci risulta difficile chiamare opere pittoriche le sue realizzazioni. Ogni pretesa nominale risulta insufficiente.

Sono forse una via di mezzo tra l’immagine e la scrittura, un taglio, una scorciatoia attraverso la quale i pensieri, la storia, la politica, l’amore, si fanno vedere nel loro rovescio, nel loro fuori, ovvero nell’inacessibilità del disastro che si prende cura di noi.


Guillermo Giampietro, 2007

Sulla faccia della terra

«La follia è perdita del mondo e di sé a titolo di una conoscenza senza inizio ne fine»

Pierre Klossowski

Sulla faccia della terra è la seconda mostra personale di Michele La Masa.

Quelli che hanno avuto l’opportunità di vedere la prima, Lo specchio di Frankenstein, noteranno la continuità formale e concettuale che identifica il percorso creativo dell’autore. Nella mostra precedente ci proponeva la frammentazione dello sguardo;  Il quadro era lo specchio dove si attualizzavano le innumerevoli letture dei soggetti che lo attraversavano.

Adesso invece parte dai limiti, da quello che deve chiudere, determinandone  la visione  inizia l’opera dalla fine. Ci sorprende con un modo diverso  d’agire sull’immagine  compromettendo la logica dell’ atto puro del vedere. Il quadro non è lo specchio, non ha profondità, tutto si gioca sulla superficie, nella rottura tra il dentro e il fuori, tra il prima e il dopo. La determinazione spazio temporale viene rovesciata, non siamo davanti a una finestra  o  uno specchio che dobbiamo oltrepassare, bensì su una superficie elittica, nè dentro nè fuori, nè prima nè dopo. Il limite apre e chiude l’immagine, siamo il quadro che finisce nel limite che dà inizio al quadro.

Su questa tensione impossibile Michele  dispiega il suo discorso creativo, non intende abbagliarci  con virtuosismi od eccessi di fantasia, la materia che adopera è sempre sottile, misurata. Oscilla in un territorio ambiguo tra la poesia sperimentale e la pittura concettuale, o piuttosto in un altrove dove l’approcciarsi a divisioni formali viene disciolto. Con rara grazia ci sottrae dalla sequenzialità temporale, svelando un presente cosmico immutabile, dove il passato e il futuro riverberano nella loro simultaneità. È lì che Michele impianta i suoi nuclei concettuali, gli effetti  dell’ evento visivo che ci invita a condividere.

 Vecchie fotografie attualizzate dalla tensione di diagrammi magnetici, sospese su strati evanescenti di colore. Frasi estrapolate dalla folle storia e dall’oblio, segni inconclusi, contatti impossibili.

A noi fruitori viene offerta la possibilità di sorpassare l’inerzia interpretativa, di ricreare l’opera, di aprire nuove strade seguendo le particolari istruzioni che Michele ci propone.

Guillermo Giampietro, 2011

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